Infarto: chi rischia di più e quali sono i fattori che aumentano il rischio per tutti

Il rischio di infarto dipende da una complessa interazione tra combinazioni di fattori genetici e stili di vita. Tuttavia, alcuni gruppi sono colpiti più di frequente, mentre specifiche condizioni e abitudini aumentano in modo significativo le probabilità di sviluppare un evento cardiaco acuto. Comprendere chi è più esposto e quali variabili incidono nella popolazione generale è fondamentale sia per la prevenzione che per un’adeguata gestione del rischio personale.

Chi rischia di più: gruppi a maggiore probabilità di infarto

La fascia di popolazione a più alto rischio comprende gli uomini di età superiore ai 60 anni: l’età media degli uomini colpiti da infarto si aggira intorno ai 60-65 anni, mentre per le donne questa soglia si sposta più avanti – intorno ai 70-75 anni – soprattutto a causa della maggiore protezione esercitata dagli ormoni estrogeni fino alla menopausa. Con la perdita della protezione ormonale, il rischio cardiovascolare femminile aumenta e tende a raggiungere quello maschile.

Un altro importante parametro individuale è la familiarità: chi ha parenti di primo grado colpiti da infarto in giovane età presenta un rischio sensibilmente più elevato, a causa tanto di una predisposizione genetica quanto di eventuali abitudini condivise all’interno del nucleo familiare. Anche l’eredità etnica gioca un ruolo: alcune popolazioni, per motivi in parte genetici e in parte ambientali, sono maggiormente predisposte a sviluppare malattie cardiovascolari.

I principali fattori di rischio non modificabili

I fattori di rischio non modificabili sono quelli che non possono essere eliminati né ridotti con l’intervento del singolo individuo, ma aumentano comunque la predisposizione all’infarto:

  • Età: con il progredire degli anni, aumenta il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari, a causa dell’invecchiamento delle arterie, del cuore e della maggiore probabilità di accumulo di danni ai vasi sanguigni.
  • Sesso: gli uomini sono più a rischio nelle età medio-avanzate; le donne lo diventano soprattutto dopo la menopausa per la riduzione degli ormoni protettivi.
  • Familiarità e genetica: la presenza di casi di infarto in famiglia (in particolare tra i parenti di primo grado) aumenta notevolmente il rischio personale.
  • Origine etnica: alcune etnie presentano una specifica predisposizione genetica, spesso accompagnata da stili alimentari e culturali che favoriscono l’insorgenza di malattie cardiovascolari.

I fattori di rischio modificabili e la responsabilità individuale

Molto più rilevanti, però, sono le variabili su cui è possibile intervenire direttamente. I fattori di rischio modificabili rappresentano la principale leva per la prevenzione e la riduzione della probabilità di sviluppare una malattia coronarica acuta. Tra questi, i più importanti:

  • Fumo di sigaretta: il tabagismo rappresenta uno dei principali fattori di rischio, poiché danneggia direttamente le pareti delle arterie, favorisce la formazione di placche aterosclerotiche e riduce l’apporto di ossigeno al cuore.
  • Ipertensione arteriosa: una pressione costantemente elevata facilita il danneggiamento dei vasi sanguigni, favorendo la formazione di placche e aumentando il rischio di rottura delle stesse e di successivo blocco arterioso.
  • Dislipidemie: livelli elevati di colesterolo totale e, in particolare, colesterolo LDL (“colesterolo cattivo”), rappresentano una delle cause principali di accumulo di placche nelle arterie coronarie. Al contrario, livelli bassi di HDL (“colesterolo buono”) non proteggono adeguatamente le arterie dal deposito di grassi.
  • Diabete mellito: la presenza di diabete, soprattutto se mal controllato, favorisce l’aterosclerosi e danneggia i tessuti vascolari, aumentando il rischio di infarto rispetto alla popolazione generale.
  • Obesità e sovrappeso: l’eccesso di peso corporeo, soprattutto nella fascia addominale, è fortemente associato a disfunzioni metaboliche, diabete, ipertensione e aumento della probabilità di eventi cardiovascolari.
  • Stile di vita sedentario: la mancanza di attività fisica regolare riduce la capacità cardiaca, peggiora il controllo metabolico, favorisce il sovrappeso e favorisce l’evoluzione delle principali condizioni di rischio sopra citate.
  • Alimentazione squilibrata: diete ricche di grassi saturi, zuccheri semplici, sale e povere di verdure, fibre e omega-3, contribuiscono in modo sostanziale allo sviluppo dell’aterosclerosi e dell’ipertensione.
  • Consumo eccessivo di alcol e abuso di caffeina: entrambi possono contribuire all’aumento della pressione, alterare il metabolismo lipidico e compromettere la salute vascolare.
  • Stress cronico e condizioni psicologiche: situazioni di stress prolungato, ansia o depressione influenzano in modo diretto l’attività del sistema cardiovascolare sia attraverso meccanismi ormonali sia favorendo comportamenti a rischio.

Chi presenta più fattori di rischio contemporaneamente – ad esempio pressione alta, livelli elevati di colesterolo e fumo – vede crescere la probabilità di infarto in maniera esponenziale: la combinazione di queste variabili può portare il rischio a essere otto volte superiore alla norma.

Cosa può scatenare un infarto: i trigger acuti

Pur in presenza di un terreno predisponente dovuto ai fattori di rischio, l’infarto si verifica solitamente quando una placca aterosclerotica, maturata nel tempo, si rompe improvvisamente all’interno di un’arteria del cuore. Il corpo risponde formando un coagulo sanguigno che può bloccare completamente il flusso ematico, provocando la morte delle cellule miocardiche irrorate da quel vaso.

Un attacco cardiaco può dunque essere innescato da diversi eventi acuti, detti fattori scatenanti:

  • Stress emotivo intenso, come rabbia o traumi psicologici improvvisi.
  • Reazioni fisiche a situazioni straordinarie, incluse ondate di calore, freddo intenso, calamità naturali.
  • Sforzi fisici inconsueti o eccessivi per soggetti già predisposti.
  • Interruzioni improvvise del sonno o risveglio bruscamente al mattino.

Per questo motivo, anche in presenza di più fattori predisponenti, l’infarto spesso compare in maniera improvvisa in coincidenza con un evento scatenante, talvolta imprevedibile.

Prevenzione: ridurre il rischio nella popolazione generale

La consapevolezza dei principali determinanti permette a ciascuno di attivare strategie per la prevenzione efficaci. È fondamentale:

  • smettere di fumare e ridurre l’esposizione al fumo passivo
  • controllare regolarmente pressione arteriosa e colesterolo
  • adottare un regime alimentare equilibrato ricco di fibre, vegetali, omega-3 e povero di grassi saturi e zuccheri
  • praticare costantemente attività fisica moderata
  • gestire il peso corporeo e il diabete con il supporto di specialisti
  • limitare il consumo di alcolici e caffeina
  • affrontare con strumenti adeguati lo stress e il disagio psicologico

Un approccio combinato tra supporto medico, monitoraggio costante e modifiche dello stile di vita può abbattere drasticamente il rischio individuale e collettivo di infarto, favorendo una più lunga e sana aspettativa di vita.

Lascia un commento